I Libri di Federico #16 – Jim Thompson – L’assassino che è in me
Fanucci Editore, 2005, Pagg. 224, Traduzione di Anna Martini

Condividi:

Un romanzo semplicemente crudo, molto bello e terribilmente innovativo per il periodo in cui è stato scritto. Figlio di uno sceriffo – particolare da non sottovalutare leggendo questo romanzo – Jim Thompson scrisse questa storia nel 1952 e con questa venne subito eletto tra gli scrittori di culto in quanto capace come pochi di descrivere l’abiezione che può raggiungere la mente umana in personaggi a prima vista del tutto normali.

Lou Ford è il vicesceriffo di una sonnolenta cittadina del Texas, Central City; Lou non porta armi e neanche sfollagenti in quanto sostiene di poter gestire gli individui problematici che incontra usando esclusivamente le sue capacità relazionali e di convincimento. Lou viene incaricato di cacciare dai confini urbani una sciantosa che adesca clienti, tra cui il figlio del ricco petroliere del luogo. Tramite il suo io narrante, in una sorte di confessione, Lou Ford stesso racconta l’insensato vortice di violenza cieca che la sua mente lo porta a compiere a causa di una malattia, una follia incontrollabile che sfocia in reazioni inconsulte.

Come scrive Stephen King in una sua prefazione “Attraverso Lou Ford, Jim Thompson disegnò per la prima volta un ritratto del Grande Sociopatico Americano.” Thompson scrive dell’America del dopoguerra, dove il boom petrolifero cambia la geografia e l’identità di tante piccole realtà locali e tratteggia da grande maestro sia i personaggi, sia l’ambientazione di quella parte degli Stati Uniti dove il pudore religioso è così radicato da condizionare espressioni e comportamenti e dove regna sovrana l’ipocrisia. Ad un passo dal capolavoro.

Condividi: