Dentro le canzoni #47 – Grateful Dead – Truckin’
Da American Beauty (1970)

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Viaggiare insieme, continuare semplicemente a viaggiare sulle Main Streets di Chicago, New York, Detroit dove tutto è uguale in un classico sogno ad occhi aperti. Fermati un attimo a guardare quello che ti riserva il domani.

A Dallas non abbiamo mai dovuto pagare nessuno, Houston è troppo vicina a New Orleans dove non apprezzano le band. New York ha modi e mezzi ma non ti permette di fare.

La gran parte della gente che incontro parla di amore vero ma passa il tempo in casa a piangere. Uno di questi giorni usciranno e scenderanno in strada. Devi giocarti le tue carte.

Qualche volta mi sento molto bene altre volte mi sento giù, che strano e lungo viaggio è stato il nostro.

Cos’è successo alla dolce Jane? Non è più se stessa, vive di stenti, vitamina C e cocaina. Non è un peccato?

Ci vuole del tempo per maturare, seduto a guardare dalla finestra dell’hotel ho capito che avrebbero sfondato di nuovo la porta. Vorrei riposare prima di ripartire ma se hanno un mandato possono entrare.

Qualche volta la luce illumina altre non riesco nemmeno a vedere.

Viaggiando sto andando a casa dove è il mio posto, mi siedo e riposo le mie ossa e torno a viaggiare, adesso torno a casa.

In principio erano The Warlocks poi quando Jerry Garcia, Phil Lesh, Bob Weir, Ron McKernan e Bill Kreutzmann scoprono che c’è un altro gruppo musicale con lo stesso nome diventano Grateful Dead. Siamo nel 1967 a San Francisco il cuore pulsante del cambiamento dove i padri della controcultura beat con la loro poesia e il desiderio di libertà avevano innescato agli inizi del decennio un importante movimento giovanile.

Per i Grateful Dead, il cambio non riguarda solo il nome ma è più radicale perché una band di garage rock e blues si trasforma in un insieme di musicisti capaci di lunghe improvvisazioni strumentali influenzate dagli effetti lisergici dell’LSD. Jerry Garcia, assiduo frequentatore degli Acid Tests organizzati con musica dal vivo dallo scrittore e agitatore culturale Ken Kesey diventa Captain Trips e i Grateful Dead l’emblema del movimento hippie che dalla California si diffuse nel resto del mondo.

I primi quattro album dei Grateful Dead, in particolare Live Dead del 1970, li confermano i principali campioni della musica psichedelica della West Coast. Nei loro concerti la magia cominciava quando salivano sul palco e, accesi gli amplificatori, continuava per ore con interminabili e splendide improvvisazioni. Inaspettatamente la loro esibizione a Woodstock non corrispose alle aspettative: suonarono male e per soli 38 minuti a causa di una serie di problemi tecnici che non seppero controllare perché erano probabilmente sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.

Nel 1970 i Dead, dopo i voli psichedelici, ritornano con i piedi per terra, pubblicano Workingman’s Dead a giugno e American Beauty a novembre due album studio che chiudono la loro fase psichedelica per orientarsi verso una visione più tradizionalista della musica americana fondendo sapientemente bluegrass, country e folk con elementi innovativi. E’ il momento in cui i Grateful Dead dimostrano di poter realizzare anche in studio del materiale allo stesso livello delle loro leggendarie esibizioni dal vivo.

Jerry Garcia sensibile alle nuove esigenze espressive della band, prende contatto con Crosby, Stills e Nash perché insegnino ai Grateful a cantare in armonia e il risultato delle “ lezioni “ si apprezza all’ascolto di alcune delle tracce di entrambi gli album.

Truckin’ è il brano rock blues con accenni psichedelici che chiude American Beauty. Il testo scritto da Robert Hunter riassume con precisione tutti gli alti e i bassi che la band aveva vissuto fino a quel momento comprese le retate antidroga e gli arresti dopo i concerti. Nella sua concezione Hunter immaginava di aggiungere versi per eventi significativi che fossero occorsi con il passare del tempo ma si rese conto che la canzone non poteva funzionare in quel modo. Truckin’ finì per rimanere la stessa della prima stesura anche se la band improvvisava su di essa durante le esibizioni dal vivo.

I Grateful Dead viaggiavano in autobus e alloggiavano in modesti alberghi senza l’assistenza di persone di fiducia che potessero proteggerli dall’invadenza di ammiratori poco raccomandabili e dai locali tutori dell’ordine che li tenevano sotto osservazione.

“Abbiamo raccolto le nostre esperienze e le abbiamo rese poesia. Che viaggio lungo e strano è stato il nostro“ dirà Phil Lesh. Strano certamente sì ma lungo per nulla perché quando fu scritta Truckin’ i Grateful Dead avevano tra i venti e i trent’anni quindi non erano dei veterani brizzolati.

E’ interessante notare che una band conosciuta come autorevole portavoce della cultura della droga mostri il lato più squallido e autodistruttivo di quello stile di vita con il racconto ammonitore del tracollo umano della Sweet Jane citata in una strofa di Truckin’.

Truckin’ diventa un classico intramontabile e uno dei punti fissi degli spettacoli dal vivo dei Grateful Dead per il resto della loro carriera, uno tra i più suonati durante 520 concerti. Sarà pubblicato come singolo nel gennaio 1971 con la splendida (giudizio personale) Ripple come lato B e passato frequentemente dalle 10.000 stazioni radio del paese.

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