Dentro le canzoni #28 – George Harrison – My Sweet Lord
Da All Things Must Pass (1970)

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MY SWEET LORD, la spiritualità portata nel pop, è una preghiera in musica scritta più di cinquant’anni fa che mantiene il suo valore immutato nel tempo.

Mio dolce Signore, io ti voglio sinceramente vedere, desidero veramente stare con te, io voglio sinceramente vederti Signore.

Ma ci vuole ancora molto tempo mio Signore. Mio dolce Signore, io ti voglio veramente conoscere.

Io voglio sinceramente camminare con te, voglio veramente mostrarti che non ci vorrà molto tempo perché questo possa accadere.

George Harrison, dopo gli incontri con il Maharishi Mahesh Yogi e lo swami Srila Prabhupada, si trasforma e diventa l’esploratore spirituale dei Beatles, quello più impegnato nello studio delle religioni orientali e della musica indiana. Intreccia le sue ricerche con la musica pop fino a rendere quest’ultima uno strumento di esplorazione spirituale e ricerca della divino che governa le nostre vite.

In un primo tempo, John Lennon e Yoko Ono lo avevano affiancato nel suo percorso di riflessione interiore e scoperta di se stesso fino a quando il loro interesse si sposta verso la politica e le manifestazioni non violente contro la guerra del Vietnam.

In MY SWEET LORD, il “ Beatle tranquillo “, rivela il suo amore per una divinità universale che vuole incontrare al più presto, invocandola sia con il termine cristiano Halleluja che con il mantra indù Hare Krsna. Le parole del testo sono volutamente semplici in modo da poter essere comprese e fatte proprie dai fedeli di ogni religione. Il tono del brano, cadenzato da quegli Halleluja e Hare Krsna ne sottolinea l’anima pacifista e fortemente mistica.

Non è un gospel come OH HAPPY DAY ma una canzone pop che inizia con un giro di accordi di chitarra e diventa sempre più ricca di suoni e percussioni mano a mano si sviluppa, questo per effetto degli arrangiamenti creati dal produttore Phil Spector, noto per il suo muro di suono degli anni ‘60. Con al suo fianco Eric Clapton, accreditato come Derek and The Dominos e Ringo Starr, le spirituali ricerche chitarristiche di MY SWEET LORD sono diventate dei classici della vita artistica di Harrison dopo i Beatles.

Dopo la colonna sonora WONDERWALL MUSIC e gli esperimenti sintetici di ELECTRONIC SOUND, George Harrison aveva in mente già da qualche anno di realizzare un album tutto suo ma essendo nei Beatles doveva portare pazienza perché erano le canzoni di McCartney e Lennon ad essere scelte nel momento di preparare le scalette dei nuovi dischi. Per natura schivo e defilato, Harrison non ha mai veramente provato a imporsi come compositore perché i due assi pigliatutto non gli concedevano spazio. Un vero peccato perché ad esempio, le sue SOMETHING e HERE COMES THE SUN sono i brani più belli in ABBEY ROAD. C’è da chiedersi chissà quali risultati avrebbe prodotto una collaborazione creativa tra John, Paul e George?.

Comunque, aveva canzoni a sufficienza per incidere tre o quattro dischi e quando venne il momento sapeva esattamente quello che gli serviva. Per ALL THINGS MUST PASS, il suo album solista, scelse i migliori 17 pezzi della sua produzione nascosta.

Alcune sessioni di registrazione si trascinarono per diversi giorni e vi presero parte molti musicisti per eseguire le sovra incisioni richieste da Phil Spector: in qualche traccia hanno suonato insieme anche due batteristi, quattro o cinque chitarristi, due pianisti e persino due bassisti. Le canzoni venivano ripetute più e più volte fino a quando dalla sala di controllo Phil Spector dava il suo benestare. Ad un certo punto lui stesso iniziò ad annoiarsi fino a esagerare con l’alcol per poi abbandonare il progetto nelle mani del solo George Harrison.

MY SWEET LORD rimarrà il suo brano più famoso soltanto rovinato da una lunga causa di plagio ai danni del successo delle Chiffons, HE’S SO FINE del 1962. Dopo lo scioglimento dei Fab Four, il Beatle più defilato sarà il primo a raggiungere le vette delle classifiche dei singoli più venduti. A volte la vita ci mette di fronte a incredibili paradossi.

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