Dentro le canzoni #14 – John Mellencamp & Bruce Springsteen – Wasted Days
Da Strictly a One-Eyed Jack (2022)

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Il tempo che passa porta con sé il rimpianto per i giorni e gli anni sprecati ad inseguire cose e persone che poi si sono dimostrate di nessun valore.

Quante estati ci rimangono ancora? Quanti giorni abbiamo gettato via? Chi sta contando gli ultimi anni che ci rimangono? Quanti minuti abbiamo? Giorni persi, giorni sprecati.

Guardiamo le nostre vite svanire, altri giorni sprecati quanto dolore ci rimane ancora da sopportare quante promesse restano valide nel tempo? Chi sulla terra si occupa del nostro tempo?

C’è un cuore che posso chiamare mio? Giorni sprecati, giorni sprecati. Guardiamo le nostre vite, altri giorni sprecati.

Come può un uomo stare a guardare la propria vita andare in malora? Quanti momenti abbiamo perso oggi e chi di noi potrebbe mai vederci chiaro?

La fine sta arrivando è quasi qui, giorni sprecati, giorni sprecati. Anche noi guardiamo le nostre vite svanire, anche noi guardiamo le nostre vite scivolare via. Giorni sprecati.

Due assolute leggende dell’American Heartland Rock le cui carriere combinate spaziano su un arco temporale superiore al secolo e insieme raggiungono l’età di 146 anni, si uniscono e realizzano un assoluto diamante musicale. Due uomini che nelle loro vite hanno visto e sperimentato tutto e che sono coscienti di essere entrati nell’ultima fase dell’esistenza, scrivano un testo e compongono una melodia che non può lasciare indifferenti. Accordi di chitarre acustiche, sporadici contrappunti di fisarmonica e twang di chitarra Telecaster, creano un perfetto tappeto sonoro su cui sviluppare le riflessioni sulla mortalità di queste due invecchiate leggende. Le loro voci sembrano stanche ma rendono bene la malinconia del testo.

Chi lo conosce, racconta che John Mellencamp sia un tipo dal carattere spigoloso e con un talento unico per mettersi nei guai, cosa che gli è capitata spesso in gioventù. Si avvicina presto alla droga e all’alcol e a diciassette anni mette incinta la fidanzata di allora.

Si autodefinisce un tipo poco raccomandabile come il fante senza un occhio del mazzo delle carte del poker. Invecchiando si è migliorato ma il personaggio evidentemente gli piace, tanto da farsi ritrarre con un occhio bendato per la copertina del suo ultimo album STRICTLY A ONE-EYED JACK.

Cresciuto in Indiana, si è trasferito a New York negli anni ’70 per studiare alla Art Students League prima che la musica lo portasse altrove. Ricorda nel brano DRIVING IN THE RAIN: “ Quando ero giovane non avevo nessuna responsabilità, quando sbagliavo lo facevo per divertimento e non avevo nessun compito da svolgere “. Dal giovane scapestrato della prima giovinezza, Mellencamp si trasforma in un songwriter che racconta le storie di rabbia e disperazione della classe media americana. “ Per tutta la mia carriera, sono stato considerato il Bruce Springsteen dei poveri, oggi è il mio fratello maggiore “.

I suoi testi crudi e incisivi si ispirano al folk di protesta di Woody Guthrie e Bob Dylan ma la musica è quella dell’uragano Cougar, suonata da una rock band che all’occasione include violino e fisarmonica nella più classica tradizione rootsy. Gode di buona stampa anche se non raggiunge mai la raffinatezza di Tom Petty e Van Morrison e NEBRASKA rimane per molto tempo un risultato a cui tendere.

Gli album degli anni ’80, SCARCROW e THE LONESOME JUBILEE, lo confermano nel ruolo del cantore “ dell’altra America “ quella della middle class urbana e degli agricoltori già aiutati dai concerti benefici di Farm Aid con Willie Nelson e Neil Young. Diventa il patriota del Mid-West anti Regan cantando di miseria, di disoccupazione e di emarginati.

Anche per Mellencamp il passare degli anni ha lasciato tracce sul fisico e nell’animo. La voce si è fatta più roca e lo spirito combattivo più moderato tanto che si può dire anche per lui: “ E’ nato incendiario, ora si è fatto pompiere “.

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