Stan Mosley – No Soul No Blues
Dialtone - 2022

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Nei primi anni sessanta mentre la disumana campagna di odio razziale nel sud degli Stati Uniti da parte dei bianchi verso i neri aveva alzato il livello della vergogna nella storia dell’umanità, nell’area di Muscle Shoals in Alabama, a Memphis e Nashville, musicisti bianchi e neri insieme, dentro studi di registrazione, stavano per dare un definitivo impulso alla soul music, creando quel passo seminale fatto di una amalgama di reminiscenze gospel, schegge di blues, una linea melodica di matrice country, battezzato anche per la zona di nascita, southern soul o deep soul.

Data la rilevanza e l’affermazione di tale evento, i suddetti studi di registrazione con annessi, musicisti, autori, produttori, iniziarono a lavorare a pieno ritmo con un andirivieni di discografici, produttori e talent scout che, principalmente dal nord, portavano giù i loro artisti ad incidere dischi con quella specificità stilistica, diretta, passioanle, senza compromessi.

Videro la luce un successo via l’altro nati soprattutto dal fecondo Dan Penn con Chips Moman e/o Spooner Oldham, fra gli altri per: Percy Sledge, James Carr, Aretha Franklin, Wilson Pickett, Sweet Inspirations, The Box Tops.  Anche la Chess Records di Chicago mandò giù due sue artiste, Etta james e Irma Thomas, la prima incise lo storico, Tell Mama che la Chess pubblicò per la sua sottoetichetta, Cadet nel 1968, e la seconda regitrò alcuni singoli pubblicati direttamente dalla casa madre.

Il sintetico accenno alla basica matrice soul/r&b meridionale degli Stati Uniti, è per giungere a Chicago dove è nato, Stan Mosley. Quando si pensa a quella città, il primo riferimento musicale è il blues, ma c’è un altro aspetto della sua storia, riguarda il soul, il r&b ed anche il gospel, radicati fin dagli anni sessanta e, se pur con meno fervore della scena meridionale, avevano un forte impatto stilistico/interpretattivo alimentato da artisti come: Curtis Mayfield (nativo di Chicago) che insieme a Jerry Butler fondo i The Impressions, Donny Hathaway (altro chicagoano) e poi artisti giunti dal sud come, Pops Staples e le figlie (tutt’ora Mavis vive nella suddetta città), Otis Clay, Tyrone Davis, ecc.

Stan Mosley ha iniziato la carriera sul finire degli anni sessanta, il suo successo è cresciuto nel tempo, più per l’attività dal vivo che su disco, vogliamo ricordare che fra i tanti crediti ha conquistato il Chicago Music Award per due anni consecutivi, è stato chiamato più volte per partecipare al Porretta Soul Festival e in Giappone è una celebrità.

Ora Eddie Stout da Austin tramite la sua etichetta Dialtone, lo rilancia in orbita discografica con un combattivo soul/r&b della miglior fioritura tradizioanle, sostenuto con dovizia di causa dal fedele collaboratore del boss Stout, il chitarrista Johnny Moller & Moller Brothers e i The Texas Horns.

Mosley ha un innato sano spirito della più ardente musica black che emana con un canto caloroso, pungente e senza cedimenti. La partenza è bruciante con I’m Back To Collect e Blues Man (No Soul, No Blues), di seguito i toni si abbassano leggermente per il medio lento What You Need. In due pezzi accanto a lui c’è la reginetta di casa Dialtone, Crystal Thomas, nel primo Stomp ( di Wilson Pickett) sono in modulazione dialogante, mentre nel secondo realizzano un buon duetto per la cover I Can’t Get Next To You (già dai The Tempations e al Green). In entrambi i casi la parte suonata è da sottolineare. avanti con altri due notevoli tempi medi soul oriented, Change Of Heart  e a Woman Needs To Be Loved, per poi chiudere con un andamento blues Undisputed Love.

Il disco per la sua impronta, riporta indietro le lancette al periodo di maggior luminosità del rhythm&blues, i favolosi anni sessanta!

Tracce

I’m Back To Collect

Blues Man (No Soul, No Blues)

Losing Hand

What You Need

Stomp

I Can’t Get Next To You

Right Next Door

I Smell A Rat

Change Of Heart

A Woman Needs To Be Loved

Undisputed Love

 

 

 

 

 

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