Nicola Cipriani & Brad Myrick – Silver Lining
Autoprodotto, 2023

Copertina di Silver Lining, Nicola CIpriani e Brad Myrick
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Scrivo agli amici della redazione, dico “ragazzi, c’è quest’album di Nicola Cipriani e Brad Myrick, me ne occupo io”. Dice: “fantastico, in che categoria va?”. Dico: “boh, non è folk, non è jazz, non è blues, avete presente i primi dischi della Windham Hill?”, così per rendere l’idea.
Allora decidiamo di istituire la sezione “Acustica” che anche lei rende l’idea, anche se a pensarci “acustica” non è un genere, è solo una vaga indicazione su quanta roba c’è sulla strada fra le sei corde e le tue orecchie. Però intorno alla chitarra va così, dagli anni Ottanta abbiamo usato definizioni che non definiscono un accidente e classificazioni “per rendere l’idea”. Vabbè, transeat.

Tutto questo per dire che Silver Lining è un album dove qualunque influenza possa venirti in mente la trovi filtrata fra mille altre cose e attraverso l’attitudine degli artisti che ci suonano. Forse ancora più che in Reflections (l’album del 2020), l’influenza dei generi di cui i due chitarristi si sono alimentati si intravede in filigrana. È rintracciabile più nella ricchezza del vocabolario, più come esperienza stratificata nelle mani e nell’ispirazione, più come conoscenza implicita che come varietà di forme esplicite e riconoscibili.

Al di sopra di tutto, la musica di Nicola e Brad ha la forma di una conversazione. Nasce nel dialogo continuo sul palco, prima del palco e dopo il palco. E una conversazione non ha mai contorni netti.
C’è questa frase idiomatica che usano i britannici, Silver Lining, che è diventata il titolo dell’album: significa più o meno il lato positivo degli eventi negativi. Ma soprattutto la metafora si riferisce a quel bordo luminoso che hanno le nuvole quando ti rivelano che il sole alle spalle sta per avere la meglio. Come le nuvole, e come il bianco e nero 
quieto ma mosso che ritrae i musicisti in copertina negli scatti di Noemi Trazzi (nella cornice della Scala della Ragione a Verona), questa musica ha contorni indefiniti, fuzzy. Proprio come una conversazione sale, scende, s’incendia, torna distesa, vive delle differenze fra le voci e della sorpresa dell’invenzione estemporanea.

È una musica che rivendica per sé un certo grado di libertà, ma spero che da quello che ho scritto fin qui non vi siate fatti l’idea di un album “difficile”. No che non lo è, a patto che siate disposti a non fermarvi al primo ascolto.

Ritrovarsi (bel titolo per aprire il secondo album in studio) ti guida verso le bellezze del cd come una discesa morbida. Drangonfly Ritual ha una sua geometria intrigante, e il brano che intitola il cd inizia come una struttura semplice che poi evolve in maniere sempre sorprendenti: la tecnica di Nicola e Brad, che usano prevalentemente il plettro (un plettro peraltro di loro concezione), permette loro repentini cambiamenti di registro, dall’arpeggio alle linee solistiche allo strumming. Il peso dei ricordi ha il filo conduttore in un arpeggio veloce sul quale la linea melodica evolve continuamente, quasi che il senso si modifichi di volta in volta (non è così che funzionano a volte i ricordi?). Cambia completamente l’aria con Second Wave, una specie di ossessivo funky blues racchiuso fra due sezioni suonate con un tapping ostinato. Cloud Level (a proposito di nuvole) è quasi un acquarello impressionistico.

C’è anche il brano cantabile che ti accende sin dalla prima volta, Ode To Solitude. Poteva stare all’inizio a trainare tutto quanto e invece sta lì nell’ultimo tratto di strada perché sta bene lì, perché ti riporta in un mondo un po’ più noto, come in un film in cui arriva il momento che le cose si fanno più chiare e la storia ti viene incontro. È lo stesso tipo di bellezza che attraversa tutto l’album, solo un po’ più immediata. E ti consegna dritto alla placida Home, quasi una folk song senza parole, e poi alla sussurrata Remember To Breathe.
Quindi arriva il finale, che torna al punto di partenza: una versione alternativa di Ritrovarsi, dove il duo si fa trio con la presenza di Peo Alfonsi, chitarrista sardo che si muove fra classica, jazz e musiche popolari.

E siccome per un album così una parte non marginale del merito va riconosciuta anche a chi registra e si prende cura del suono, diciamo che il cd prende forma per metà a Verona negli studi Sotto il Mare di Luca Tacconi (già in passato in proficua sintonia col duo) e per metà al Greenhouse Recording Studio di Sam McArthur a Gilford, New Hampshire.

Va detto comunque che per la sua natura di dialogo che nasce nel qui ed ora (il fatto che poi questi pezzi siano fissati per essere incisi e risuonati non cambia molto il discorso) probabilmente la musica di Nicola e Brad, avvincente dagli altoparlanti di casa, dispiega dal vivo per intero, e in modo più immediato, il suo potenziale emozionale.
Il duo è appena tornato dagli Stati Uniti per affrontare, in aprile, la parte italiana del tour (Triveneto ed Emilia Romagna). Se potete, e se vi piace addentrarvi in questi territori, regalatevi questo momento. Io mi sono già prenotato e magari ne riparleremo.

Tracce

Ritrovarsi
Dragonfly Ritual
Silver Lining
Il Peso Dei Ricordi
Second Wave
Cloud Level
Ode To Solitude
Home
Remember To Breathe
Ritrovarsi
(Alternate Take) (feat. Peo Alfonsi)

 

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