Mitch Ryder – The Roof Is On Fire
Ruf Records - 2024

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Essere nati e cresciuti in un luogo dove la musica è una parte fondamentale del tessuto socio/culturale, è naturale esserne contagiati e diventare musicista, come Mitch Ryder. E’ nato nello Stato del Michigan la cui capitale è Detroit, la città dei motori per eccellenza, dove anche le catene di montaggio sono state una emanazione di sonorità urbane che troviamo nel blues, nel rhythm&blues, nel jazz, nel rock, tanto da definire la metropoli, una delle grandi capitali musicali.

Ed è proprio in quella città, dove frequentava il liceo, che ha iniziato la sua carriera, sempre combinata con mettere insieme gruppi, perché lui è un cantante, dunque aveva bisogno di essere accompagnato. Dalla metà degli anni sessanta, crea un binomio che durerà nel tempo, Mitch Ryder & Detroit Wheels, una unione che porterà, oltre a tantissimi concerti in giro per il mondo, anche alla registrazione di gran parte della sua discografia. Se Ryder ha attinto a piene mani nella musica nera, versante r&b e soul, per alimentare il suo resistente rock’n’roll, a sua volta, non pochi artisti, fra questi, Bob Seger, Bruce Springsteen, Ritchie Blackmore e John Mellencamp sono stati influenzati da lui.

Nel 1973 per un problema alla gola, si ritirò a vita privata per dieci anni. Ritornò con un disco, Never Kick A Sleeping Dog, prodotto proprio dal suddetto Mellencamp. Siamo d’accordo con chi lo considera, “un eroe ma poco celebrato“,  eccetto che nel 2017 è stato inserito nella, Rhythm&Blues Hall of Fame. Nel 2020 nel mezzo di un tour in Germania, dove è molto stimato e seguito, ha compiuto gli anni, 75, ma come ha dichiarato: “spesso non penso all’età che può pesare su aspetti della mia vita. Soprattutto quando si tratta di musica, per quanto mi riguarda l’età è totalmente irrilevante. Puoi fare musica con i giovani o con i veterani, la questione non è l’età, ma il divertimento e il combinare la musica”.

Certo, la sua voce non è più vorticosa come in passato, ma non ha perso quella convinzione, reale e non di facciata, di esprimere tutta la passione e la voglia di divertirsi che hanno animato la sua vita artistica. il pubblico germanico è accorso a sostenerlo ed applaudirlo a questo giro di concerti, e lui non si è risparmiato con un canto che si è fatto più arrochito. Non aveva una sezione fiati al seguito, ma una band tutta in elettrico, così nel primo cd o vinile (entrambi doppi), ha mostrato un volto più da rocker con venature blues, Betty’s Too Tight, Subterranean Homesick Blues, Tuff Enuff, mentre la versione di Heart Of Stone (di Mick Jagger-Keith Richards) ha mantenuto quel passo medio lento elettrico, con coinvolgimento del pubblico. La riprese anche la mitica Allman Brothers Band nel disco, Hittin’ The Note (2003). Quel passo è il preludio al secondo cd o vinile, dove Mitch Ryder dimostra le sue doti di, blue eyed soul, ad iniziare da, Freezin In Hell, dove alterna un canto più riflessivo a momenti più energici. La chitarra acustica e il piano sono i due strumenti più in evidenza, rispettivamente in, All The Fools It Sees e, If You Need The Pain, per poi ascoltare due cover, Many Rivers To Cross (Jimmy Cliff) e Soul Kitchen (Jim Morrison).

Lunga vita al coerente Mitch Ryder!

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