Massimo Urbani Quintet – 30
Red Records - 2023 CD/LP Live

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Il 15 dicembre del 1981 quello che non può che essere stato il più grande sassofonista che questo paese abbia avuto, ovvero Massimo Urbani, regalò ai presenti, alla Tavernetta, a Bologna, una serata semplicemente indimenticabile. Al suo fianco sul palco Pietro Tonolo al sax tenore, Riccardo Zegna al pianoforte, Luciano Milanese al contrabasso e Gianni Cazzola alla batteria. Una registrazione scintillante e splendida che emerge adesso ad oltre trent’anni da quella sera dove il jazz toccò una delle sue vette straordinarie.

Il jazz italiano ha avuto in Urbani una delle sue massime figure di sempre. Per chi non lo conoscesse, o non abbia mai avuto il piacere di incrociare uno dei suoi album, potrebbe essere utile tracciarne un profilo pur succinto. Nato a Roma nel 1957, Massimo Urbani era dotato di un talento puro e di una vena creativa incredibilmente viva. La sua cultura musicale era gigantesca. Affascinato da Charlie Parker e, successivamente, da John Coltrane e Albert Ayler, a ragione considerati straordinari innovatori nella storia del jazz, e portatori, al di là della vicenda umana, contraddistinta da una grande spiritualità

Urbani è stato una sorta di Dr Jeckyll e Mr Hyde. Tanto ricco di talento quanto totalmente inadeguato a vivere la normalità della vita. A poco più di dieci anni inizia ad accostarsi al clarinetto lasciato presto per dedicarsi al sax contralto. A quattordici anni Urbani la fama inizia ad accostarsi al nostro. Il polistrumentista Puccio Sboto sta provando prima di un concerto un tema di Dizzy Gillespie. Improvvisamente gli arriva il suono di un sax contralto che sembra quello di Parker. A suonare invece è il quattordicenne Urbani. Di lui si accorge anche il sassofonista Mario Schiano e dal contrabbassista Marcello Melis, che lo ascoltano mentre si esibisce in un piccolo locale di periferia.

Urbani viene invitato a suonare al Folkstudio, in cui Schiano organizza annualmente una rassegna jazz. Nel 1973 Urbani esordisce discograficamente con il sassofonista nell’album Sud. Anche Giorgio Gaslini lo nota durante un corso al Conservatorio di Santa Cecilia, e comincia a utilizzarlo sia dal vivo sia in studio. In occasione della registrazione di una di queste registrazioni, Urbani conosce il trombettista Enrico Rava ed entra a far parte del suo quartetto con il contrabbassista Calvin Hill e il batterista Nestor Astarita. Con questa ritmica, Urbani incide il suo primo album il 12 novembre 1974, il volume 13 della serie Jazz A Confronto dell’etichetta Horo.

Tutto sembra andare per il meglio, ma il disagio esistenziale di Urbani comincia a manifestarsi, e con l’approdo alla dipendenza agli stupefacenti diventa inaffidabile e irascibile. La frequentazione del tempo con gruppi come gli Area amplia la sua visione, Nel 1979 registra per la Red Records l’album 360° Aeutopia assieme al pianista Ron Burton, al contrabbassista Cameron Brown e al batterista Beaver Harris; gli esperti musicofili dicono che in questo lavoro, Urbani mostra di non aderire all’estetica dell’avanguardia allora dominante.

Sempre con la Red Record Urbani registra, nel 1980, Dedication To A.A. & J.C. / Max’s Mood, un album tributo ai suo i riferimenti Coltrane e Ayler. Nel 1986 partecipa a Via GT del contrabbassista Giovanni Tommaso e nel 1987 registra Easy To Love con lil pianista fiorentino Luca Flores, uno cui la vita non ha riservato molte soddisfazioni. Massimo Urbani muore il 24 giugno 1993, sull’ambulanza che lo sta trasportando all’ospedale San Filippo Neri di Roma, a causa di un’overdose di eroina.

Il disco che abbiamo fra le mani è il risultato di una serata di grandissimo spessore. Cinque brani che a partire dall’iniziale I Remember April, uno standard nel jazz scritto agli inizi degli anni ’40 dal pianista americano Gene de Paul e ripresa decine di volte da tutti i grandi di questa musica, gode di una rilettura che, grazie ad Urbani si tinge di grande personalità che sfocia in un solo esemplare del nostro. Blue Train di John Coltrane offre la sponda per un interessante duetto fra Tonolo e Urbani che arriva a sfiorare il free jazz.

Blue’n’Boogie, firmata da Dizzy Gillespie e da Frank Paparelli, è un brano lunghissimo, oltre diciassette minuti, che volano attraverso i continui assoli di tutti i musicisti sul palco, susseguendosi in un incedere avvincente e piacevolissimo. Recorda Me è un pezzo di Joe Henderson che si sviluppa ancora facendo seguire gli assolo di Tonolo a quello di Urbani dando luogo ad una sorta di crescendo d’alta classe. Snappin’ Out è un pezzo che non ricordo e probabilmente non conosco, ma il suo ascolto mi ha permesso di conoscerne l’autore, Hank Mobley, tenor saxofonista americano influenzato da Lester Young. Ascoltata la versione originale risulta chiaro come quella proposta da Urbani e dai suoi compagni sia piuttosto simile, almeno fino al momento in cui Urbani non prende il centro del palco, impreziosendo questa cover con un solo fulminante che poi lascerà spazio ad un gioco delle parti fra Urbani stesso e Tonolo.

30 è un disco in purezza, che sprizza classe da ogni nota esca dalle casse. Un disco che si candida ad essere una delle pubblicazioni più belle ed importanti di quest’ anno. Un’opera che riporta alla luce una pagina che sarebbe stato un delitto lasciare nell’oblio.

Tracce

I’ll Remember April 

Blue train

Blue ‘n’ Boogie

Recorda Me

Snappin’ Out

 

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