Mark T. James – La gioia di correre in salita
Libreria Pienogiorno, 2023, Pagg. 317, Euro 18.90

La gioia di correre in salita, romanzo di Mark T. James
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Lo premetto, non stiamo parlando di un capolavoro letterario. Però ne stiamo parlando, perché ne vale la pena.

Chi scrive non ama particolarmente la narrativa contemporanea, per ragioni che è facile riscontrare anche in questo volume: prosa asciutta ed essenziale, lessico familiare/quotidiano, scarsa immaginazione, un certo manierismo nel racconto delle emozioni e nello sviluppo delle storie. Più che romanzi spesso sembrano post su un blog personale, scritti amatoriali. E spesso lo sono. Insomma, è faticoso anche chiamarla letteratura.

Però un libro ha questo potere magico di catapultarti dentro la storia che racconta, nonostante queste condizioni un po’ precarie. E resta il fatto che – come le persone – ogni libro, anche il più sgangherato, può insegnare qualcosa a chi ha voglia di tenere aperta la mente.

Qui l’autore racconta di sé in prima persona senza neanche curarsi di cucire la propria storia addosso a un personaggio fittizio. Come l’autore, il protagonista si chiama Mark, vive a Londra e lavora con successo nella City finanziaria con i suoi annessi e connessi, quando una crisi personale lo porta in un posto diametralmente opposto: le Langhe piemontesi. Ovviamente, dato il funzionamento del mercato editoriale odierno, potrebbe benissimo non esistere nessun Mark T. James né nella City di Londra né nelle Langhe. Ma, trattandosi di narrativa, questo non sarebbe un gran problema.

Ora, le storie che raccontano faticose metamorfosi interiori non stiamo certo a contarle: prese di coscienza, rielaborazione di fatti personali dolorosi, cambi di passo e di prospettiva, rivelazioni, percorsi di rinascita e nuovi amori che surclassano i vecchi… niente di nuovo, anzi forse è proprio il pane quotidiano della narrativa di massa di questi tempi.

Ma la particolarità di questo gradevole volume è che il vero protagonista del romanzo è Black, un labrador (indovinate di che colore?) che il nostro Mark a un certo punto si trova a dover accudire obtorto collo. È lui, il quadrupede peloso, l’involontario deus ex machina dell’intera vicenda. Qui sta il fascino e la particolarità di questo gradevole romanzo: il rapporto con un cane ha il potere di trasformare la vita di una persona, ancor più se questa sta attraversando un periodo difficile. Vero è che un ruolo nella vicenda ce l’ha anche la scoperta della gioia che può dare una fatica fisica, ma altrettanto vero è che la storia avrebbe retto lo stesso se, al posto della corsa, il protagonista avesse scoperto le gioie di qualunque altra attività ti lascia da solo con te stesso ed ha la capacità di spegnere la radio del mondo, come dipingere o costruire piccoli galeoni in bottiglia. Mentre l’interazione con un cane – per le modalità con cui questi splendidi animali interagiscono con l’uomo – è quel quid pluris che non sarebbe sostituibile da nessun’altra attività o interazione.

Questa è la vera dote di “La gioia di correre in salita”: comunicare come i piccoli momenti di vita quotidiana condivisi con un cane abbiano il potere di cambiare la vita delle persone molto più (e più radicalmente) di tante “rivoluzioni” ben più appariscenti.

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