SUSANA CHAVEZ CASTILLO
Ni una mas

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POETICA

Ci sono ancora angoli di mondo in cui la poesia riesce ad assolvere un ruolo di impegno civico ed i poeti a rivestire la figura dei cantori dell’anelito di giustizia e libertà di masse popolari, in vario modo oppresse.

L’immediatezza della poesia e della musica in questo senso, rimane ancora oggi un’arma di grande penetrazione dei messaggi di rivendicazione, più incisiva della narrativa o della saggistica (per quanto anch’esse fucine di opere encomiabili) che pertanto sovente pone i loro autori anche a rischio della propria vita, bersagliati dal potere politico o da quello criminale (ed in molti casi da entrambi, per gli spaventosi intrecci che si vengono a creare in tal senso). Non sono pochi purtroppo i casi di poeti vissuti in realtà difficili che hanno perso la vita a causa del loro impegno anche in tempi recenti, come accaduto a Susana Chavez Castillo, poetessa messicana nata a Ciudad Juarez nel 1974 e morta nel 2011.

Se chi nasce a Ciudad Juarez (conosciuta anche come Paso del Norte, nello stato di Chihuhua) si trova già di fronte ad una prospettiva di vita complicata, lo è ancora di più per chi pensi anche di fare cultura, perché a Ciudad Juarez non è precisamente il benvenuto.

La città del nord del Messico è infatti considerata statisticamente, la più delinquenziale del mondo, un crocevia di traffici malavitosi, che ha trovato negli ultimi decenni la sua consacrazione nella creazione del potentissimo cartello locale della droga, cui si affiancano altre attività, in primis il controllo del sempre più ingente traffico migratorio che dai paesi dell’America Latina (compreso lo stesso Messico) si dirigono verso gli Stati Uniti. Un intrico micidiale di interessi che ha determinato, durante lo scorso decennio, l’uccisione di 212.000 abitanti, il 18% della popolazione.

A ciò si è aggiunta, a partire dal 1993 la mattanza di 4.500 donne (quasi sempre giovani di umile estrazione sociale) a causa degli omicidi perpetrati nelle numerose fabbriche in cui si producono articoli tessili destinati al mondo ricco, episodi peraltro trattati in film ed opere di vari ambiti artistici.

È in questo contesto che cresce e matura la sensibilità artistica e poetica di Susana, che comincia a scrivere poesie già all’età di 11 anni, sviluppando diversi interessi umanistici, tanto da iscriversi successivamente alla facoltà di psicologia, impegnandosi in prima persona nella difesa dei diritti delle donne lavoratrici della sua zona.

Ma è nella poesia che Susana trova il terreno in cui esprimere compiutamente la varietà dei suoi interessi, l’intero suo cosmo intellettuale, in cui l’ansia di giustizia sociale e la lotta ai soprusi subite dalle donne, rivestono a loro volta un’importanza fondamentale.

Nei suoi scritti, caratterizzati dall’urgenze del “dire”, Susana indaga e svela le trame nascoste in cui questa situazione prolifera, legata ad un perverso intreccio fra i padroni delle maquilladoras – le aziende in cui le donne sono impegnate, che seppur con qualche eccezione, vedono in quelle che spesso sono ragazzine, una macchina da produzione da sfruttare – la criminalità e come spesso accade da quelle parti, la polizia locale.

Susana utilizza la parola come arma fondamentale, efficace e più contundente di mille colpi d’ascia, non a caso oggetto citato metaforicamente in un suo componimento Donna ascia; attraverso non solo poesie nel senso classico del termine, ma utilizzando anche altre forme espressive che quali motti, frasi, citazioni (che sempre più trovano spazio nella poesia moderna, grazie al loro potere corrosivo ed alla loro efficacia espressiva), così come mediante cortometraggi e documentari da lei realizzati,  Susana riesce ad un tempo ad evidenziare le responsabilità di un sistema distorto che ha consentito tale atrocità.

L’opera della Chavez riesce a risvegliare coscienze e creare solidarietà attorno alle donne di Juarez, oltre che a infondere in loro la consapevolezza dei loro diritti all’interno delle fabbriche, così come nella loro vita quotidiana – in un contesto culturale in cui spesso la loro dignità è duramente calpestata –  fino a creare uno slogan poi ripreso a livello internazionale nel contrasto alla violenza sulle donne: “Ni una mas”: “Non una di più”.

Evidentemente il suo impegno non poteva non attirare l’attenzione del potere locale e delle organizzazioni criminali, che cominciano ad “interessarsi” a Susana, che viene ritrovata cadavere il 6 gennaio 2011, con il corpo orribilmente mutilato e la mano amputata, un chiaro oltraggio rivolto ai poeti ed agli scrittori a mo’ di ammonimento.

Al momento del suo assassinio, Susana stava lavorando alla sua prima raccolta di poesie, che purtroppo non è riuscita a vedere in vita, ma che grazie all’interesse ed al favore che la sua produzione poetica ha riscosso a livello internazionale, soprattutto tramite la diffusione via web, ha visto la luce nel 2020.

Come diceva De Andrè in un suo brano celeberrimo, “dal letame nascono i fior” ed evidentemente spesso è nelle enormi distese di fango e letame delle periferie del mondo, che bisogna avventurarsi per toccare le vette più pure della poesia, come ci ha insegnato Susana.

POESIE

Sangue Nostro

Sangue mio

di alba

di luna spezzata,

di roccia morta,

di donna che riposa,

che salta nel vuoto,

aperta alla follia.

Sangue limpido e definito,

fertile e semenza,

Sangue incomprensibile gira,

Sangue liberazione di sé,

Sangue fiume dei miei canti,

Mare dei miei abissi.

Sangue istante dove nasco dolorante,

Nutrita dalla mia ultima apparizione.

 

Donna Ascia

Donna

lontana,

improbabile

travestita da ragione,

forza senza sangue.

Maga mocciosa allungata sulle tempie

che chiamano incertezza.

Abisso interiore che non conosce mosse

che cattura con i suoi silenzi.

Atroce,

irresistibile al desiderio di mordere la notte

titubante nel disincanto

impreziosita da racconti

tranquilla in lontananza.

 

Donna istante,

ascia

che trascini,

che tagli lingue sparpagliandole

nella mano di Dio che si contorce di risa con te.

 

Fuggitiva alla tua cattura me ne andrò

sapendo perfettamente

che sei invincibile.

 

Corpo Deserto

Alcuni caricano il mio corpo deserto

dietro la schiena

come se fosse il sentiero

un giorno percorso verso me.

Nel frattempo, mi mescolo inclemente

con ceneri di tutte le quieti

trasformata in mare di tormentate,

di ossa perdute.

In qualcosa di indistinguibile,

mitologico,

ancora più errante di CRISTO,

e del pianto.

Più insolente della cecità,

più infuriato di un membro di carne eretto,

più ordinario della mano infilata

nella gonna di bambina,

più prestato del denaro.

Mi trasformo in dolore conficcato

in carne vuota,

in perseguitato che ti perseguita,

scavatrice di grida,

in abitante

di questo corpo

deserto.

 

Consiglio di lettura dell’autore

Come detto è reperibile una sola raccolta delle poesie di Susana Chavez Castillo dal titolo Primera tormenta pubblicata nel 202o e  subito tradotta anche in Italia, dove è apparsa per i tipi della Gwynplaine , con la traduzione di Chiara Civella. Il grande successo riscosso dalla poetessa messicana è comunque legato, prima ancora che alla pubblicazione della sua unica antologia, alla diffusione ottenuta dalle sue composizioni mediante la divulgazione on line e sono tuttora tanti e di varia provenienza geografica, i siti che propongono la poesia di Susana, così come sue produzioni in altri ambiti artistici.

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