John D. MacDonald – Il termine della notte
Mattioli 1885, 2018, Pagg. 283, Euro 16.00, Traduzione di Nicola Manuppelli

Foto libro Il termine della notte di John MacDonald raffigurante due mani di uomo che si intrecciano tra loro
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Pubblicato nel 1960, sei anni prima di A sangue freddo di Truman Capote, questo è un romanzo profetico sul lato oscuro di quella che sarà la rivoluzione giovanile. Il più feroce fra i libri di MacDonald: un’anticipazione della follia di Charles Manson.

“Caro Ed,
Beh, il gran giorno è arrivato e abbiamo dato a quei quattro ciò che si meritavano. Il tutto grazie anche alla nostra ‘splendida efficienza’ come il nostro adorabile direttore, Culo Grasso Shires, non ha esitato a definirla. Mio Dio, avresti dovuto vederlo. Ci scommetto che ti saresti piegato in due dalle risate. Più si avvicinava il giorno dell’esecuzione e più sembrava andare in ansia. Va detto che non è stata affatto una passeggiata. Quattro in un giorno solo quando al massimo ne avevamo sistemati tre! E devi aggiungere che una di loro era una donna. Sapevi che prima di lei, nel nostro Stato, ne erano state giustiziate solo due? Io non lo sapevo. Ma va da sé che questo serve soltanto a spiegare quanto le femmine ci sappiano fare con la lingua. Dico bene, caro Eddie?”

Questo è l’incipit del romanzo. Si inizia dalla fine della vicenda, l’esecuzione dei colpevoli raccontata da un secondino e quindi non c’è alcun mistero da risolvere. Il romanzo è una pura e semplice indagine sul male. E per svolgerla MacDonald elabora un racconto a più voci: un secondino, un avvocato, uno dei condannati a morte. Chi sono gli assassini conosciuti come il ‘branco dei lupi’? Da dove vengono? Perché hanno deciso di attraversare l’America lasciandosi alle spalle una scia di sangue?

Con il ritmo serrato e teso come un grande thriller questo romanzo prende a pugni le nostre certezze da brave persone affascinate però dal male, quando sono gli altri a compierlo. Come scrive Nicola Manuppelli, curatore e traduttore, nella sua prefazione “… il romanzo di MacDonald… fa parlare un condannato a morte, un assassino, e lo fa ragionare, gli fa spiegare che cosa stava cercando nella propria pista di sangue. Lo fa parlare con noi lettori. E ci chiede continuamente: perché? E così graffia lentamente le nostre sicurezze.”

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