Le cose devono cambiare: una chiacchierata con Enrico Bollero

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Il recente Le Cose Devono Cambiare ci ha permesso di conoscere Enrico Bollero ed il suo mondo. L’ascolto del disco ha creato una naturale curiosità su un autore che da anni incide degli ottimi album, ma che resta ancora piuttosto sconosciuto al pubblico. Free Zone ha scritto del suo album, ed era il momento per approfondire alcuni aspetti chiacchierandone direttamente con Enrico. Ecco il resoconto dell’intervista che ci ha concesso.

FZ: Enrico vuoi farci una breve presentazione tua e della tua discografia?

EB: Sebbene sia nato a Desenzano, sul lago di Garda, la mia formazione umana e culturale è avvenuta a Torino dove mi sono laureato in Filosofia ed ho insegnato per alcuni anni. Sempre di quel periodo è il contratto discografico con la RCA di Roma che portò, sì ad una produzione di un album, che non venne però mai pubblicato dall’etichetta per ragioni che qui ha poca importanza raccontare. È con il ritorno sul lago di Garda, questa volta a Sirmione e con l’incontro di un gruppo di musicisti mantovani, tra i quali Carlo Cantini, che prende vita la mia discografia che con Le Cose Devono Cambiare arriva al decimo album.

FZ: Tu hai una produzione costante con un album all’anno. Come fai a mantenere il tuo livello compositivo a questo buon livello?

EB: La frequenza con cui pubblico i miei album non deve trarre in inganno. Dedico molto tempo e cura alla realizzazione dei miei lavori. Devo anche aggiungere che sono anni in cui l’ispirazione è stata benevola nei miei confronti. Molti sono gli imput che mi arrivano a tutto vantaggio del mio songwriting. E così la mia scrittura trova, inoltre, un terreno fertile nella collaborazione con i miei musicisti. 

FZ: Iniziamo a parlare di questo, ottimo a mio avviso, Le Cose Devono cambiare, uscito da pochi giorni. Quale è stata la scintilla che ha fatto nascere le canzoni che lo compongono?

EB: Più scintille, direi. I fatti della cronaca, della politica, i teatri di guerra e la poca attenzione nei confronti dei diritti civili hanno determinato la genesi dei pezzi che compongono l’album.

FZ: La title track è una speranza od una esortazione a far si che qualcosa possa mutare, e come pensi che si possa uscire dallo stallo attuale puntando verso una nuova direzione senza sentirsi poi cucire addosso l’etichetta di vacuo sognatore?

EB: Le Cose Devono Cambiare è una esortazione forte e chiara a ricercare, a determinare il cambiamento. Non attiene alla speranza che, di per sé, è un atteggiamento passivo e di attesa…è l’invito ad intervenire sul futuro, a renderlo migliore, come migliore dovrà essere l’uomo di domani, in grado di realizzare sé stesso in piena libertà, una libertà sociale da condividere con il prossimo. Mi chiedi se è un’utopia; è un’utopia, un orizzonte ideale. L’importante è avviarsi su quella strada, senza preoccuparsi, in una prima fase, di raggiungere la meta finale.

FZ: Stessa cosa anche nella seguente La Terra dei Liberi, che sembra essere un’aspirazione di un mondo migliore. Forse utopista…

EB: Stesso dicasi per La Terra dei Liberi, liberi in mezzo a uomini liberi, nella terra dei liberi. Quindi nuovamente il concetto di libertà sociale, all’interno della quale interagiscono le libertà individuali

FZ: Senza Te è una canzone d’amore. Un autore come te come riesce a mantenere un equilibrio fra un tema troppo spesso banalizzato come questo e la capacità di non cadere in un facile “manierismo” tipico di canzoni che trattano questo aspetto?

EB: L’amore è un sentimento straordinariamente forte. Lo dice la sua fenomenologia, la sua capacità di creare un sistema di valori morali e sociali, indipendentemente dal contesto in cui si manifesta. Chi lo banalizza non parla di amore ma di parodie dell’amore, di macchiette diciamo sentimentali.  

FZ: Questa Chitarra Elimina i Fascisti è un chiaro richiamo nel titolo a Woody Guthrie. Trovo che questa canzone abbia un fascino formidabile nella melodia che poggia su un’armonica suonata da Mario Lino Rossi. Aldilà del testo, che rimane fondamentale, come nasce l’idea da darle una costruzione musicale simile.

EB: In questo pezzo ho cercato di stabilire, in qualche modo, una sorta di ponte culturale con la storia di un personaggio leggendario come Guthrie. Lo stesso titolo campeggiava sulla sua chitarra “This machine kills the fascist”. È una canzone che parla degli ultimi, dei diseredati, dei più deboli. Tutte figure che animano le liriche straordinarie del cantautore americano. Anche per tali ragioni ho lasciato ad una chitarra acustica e ad un’armonica il compito di descrivere questo mondo di emarginati.

FZ: Ombre Nel Vento (altro bellissimo pezzo a mio avviso) nella parte iniziale musicalmente sembra un pezzo alla Battisti…

EB: In effetti gli accordi iniziali possono rimandare al pezzo di Battisti, anche se, qui è il pianoforte a costruire l’introduzione del brano che poi si sviluppa su un giro armonico differente.

FZ: Fuori è il primo pezzo dall’incedere chiaramente Rock, accompagnato da un testo durissimo e spietato nella sua chiara crudezza. Il mondo politico / sindacale e la società attuale vengono fatte a pezzi. Quanta amarezza c’è nel constatare che questa è la realtà? E quale potrebbe essere una ricetta per approdare ad una nuova basata su valori diversi?

EB: Fuori è il pezzo più Rock di tutto l’album. Le tematiche affrontate, in modo duro e critico, necessitavano di una spinta adeguata a rendere più incalzante lo svolgere del testo. Credo si possa considerare uno dei pezzi di protesta più duri e liberi degli ultimi tempi. Alla stesura del testo ha collaborato il mio amico Mauro Farina.

FZ: Bellissima I Ragazzi della Via Tripoli che trovo struggente nella sua struttura così orientata sull’onda di ricorsi che, immagino, sia tuoi personali.

EB: Questa è una canzone chiaramente autobiografica. Ci sono gli amici e gli anni della mia giovinezza ad essere protagonisti, così come i sogni e le emozioni di quei tempi irripetibili e straordinari. Per tali ragioni penso possa colpire tutti coloro che hanno avuto esperienze simili, in un tempo simile, che hanno nel cuore una città, una via, un paese, che sono stati i luoghi della loro formazione.  

FZ: la Band Of Brothers è un Gruppo formato da musicisti bravissimi, tanto da intrigarci molto ed incuriosirci. Vuoi parlare del tuo gruppo e presentarcelo?

EB: La Band of Brothers è un gruppo di grandi musicisti. Con loro collaboro da quasi vent’anni, sia in studio che negli spettacoli dal vivo, e mi piace ricordare Carlo Cantini, che è anche il coproduttore di tutti i miei album oltre ad essere uno dei più grandi musicisti italiani. Fiorenzo Delegà al basso è responsabile della grafica, Pietro Benucci alla batteria, Livio Marconi alle chitarre, Edo Cantini alla chitarra elettrica, Mario Lino Rossi al pianoforte e tastiere e Lorella Saccani ai cori. Mi piace ricordare l’importanza di mia moglie Maria Carla Zandonini come assistente alla produzione ed in veste di coautrice in album precedenti.

FZ: Ultima domanda di rito; progetti per portare live questo album?

EB: Ci saranno molte occasioni per vedermi all’opera con la Band of Brothers nel corso di quest’anno. Stiamo programmando le date che verranno rese note quanto prima. Se posso permettermi una nota finale mi piacerebbe partecipare al Tenco con Le Cose devono cambiare. Credo sia un lavoro, specie per la parte letteraria, che meriterebbe di essere parte di questa manifestazione. 

Enrico Bollero sarà sul palco con la Band of Brothers il prossimo 25 Febbraio a Chiari (BS) grazie ad A.D.M.R., in una serata che lo vedrà ospite insieme a Jono Manson ed ai Mandolin Brothers. Una bella occasione per vedere ed ascoltare ottima musica.

 

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