Giorgio Linguaglossa. L’elefante sta bene in salotto
Edizioni Progetto Cultura, 2022, Pagg. 229, Euro 18,00

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Nonostante l’immagine allegorica cui fa riferimento il titolo, il volume in questione non è un volume di poesia, ma sulla poesia: e non si tratta di un tratto distintivo neutro o di poco conto, giacché la poesia in Italia oggi, vive sempre più di autoreferenzialità autoriale e sempre più astratta da approfondimenti critici che la riconducano nell’ambito di un dibattito e di un confronto intellettuale e filosofico più ampio.

Il risultato è che assistiamo ad una proliferazione di pubblicazioni di poesia, nella stragrande maggioranza dei casi priva di qualsiasi collegamento coerente con il contesto storico – intellettuale del momento, che costringono la poesia ad abdicare al suo ruolo di testimone della propria contemporaneità  (a differenza della grande produzione poetica del passato), relegandola in uno spazio di puro esercizio di autogratificazione narcisistica.

L’opera di Giorgio Linguaglossa, esponente particolarmente incisivo e prolifico della scena della critica italiana, nonché poeta a sua volta, si muove in una duplice direzione: da un lato colmare questa lacuna svilente, non solo riannodando i fili della produzione poetica italiana recente dal punto di vista storiografico, ma inquadrandone i condizionamenti ed i legami socio-culturali che la sottendono; dall’altro, Linguaglossa non si limita a registrare le linee di svolgimento della poesia italiana attuale, ma ricompatta la distanza venutasi a creare negli anni in Italia tra la poesia e le varie scienze umanistiche, instaurando un dialogo tra poesia, filosofia e scienze sociali, in modo da cercare di tracciare delle linee che restituiscano identità e legittimità intellettuale alla ricerca poetica, indirizzandola verso un percorso di rinnovamento concettuale, antropologico e linguistico.

Del resto, la poliforme attività di Giorgio Linguaglossa, lo ha condotto, oltre dieci anni fa, a fondare il movimento della Noe (Nuova ontologia estetica), con l’obiettivo di individuare un nuovo statuto ontologico (in altri termini, una nuova costituzione essenziale) per la poesia italiana, in primis proponendo una profonda revisione dei canoni espressivi che le consentano di dotarsi di un bagaglio semantico e linguistico in grado di aderire alla condizione del mondo attuale, rispettando al tempo stesso l’unicità stilistica che inevitabilmente ogni autore interpreta.

Il saggio di Linguaglossa è una digressione approfondita ed appassionante che unisce filosofia, storia, antropologia, linguistica, politica, comunicazione, arte a 360°, evidenziando mirabilmente le ripercussioni che i rivolgimenti della storia recente hanno operato sui sistemi di rappresentazione delle nostre strutture culturali e sociali, con le quali un’arte ed una poesia degne della propria tradizione devono fare i conti.

L’assunto da cui muove Linguaglossa, pienamente riflessa nel volume in oggetto, trova la sua evidenza nella constatazione che di fronte alla crisi del soggetto (o se si preferisce, dell’individuo),  che caratterizza la scena del nostro tempo, frutto delle trasformazioni tumultuose del mondo occidentale degli ultimi due decenni, non è pensabile che la letteratura e l’arte in generale (e il problema è particolarmente palpabile in poesia) possano pensare di servirsi ancora di schemi espressivi superati.

Le problematiche ambientali, i conflitti che sono tornati ad interessare anche il nostro mondo, senza contare l’evento epocale della pandemia, hanno prodotto una vera e propria fase di rottura ontologica ed epistemologica (vale e dire delle entità che costituiscono la nostra realtà e delle teorie della conoscenza ad esse legate) per cui non è più sufficiente il solo assunto cartesiano cogito ergo sum (“penso, dunque sono”) a giustificare la persistenza di una scrittura ancorata agli schemi classici imperniati attorno all’io del soggetto narrante.

Naturalmente, la scrittura poetica è e sarà sempre frutto della sensibilità individuale dello scrittore, risultante delle sue esperienze, del suo retroterra, ma necessita di un cambiamento di paradigma; ed in effetti, l’oggetto della parte finale del libro è dedicata alla Poetry kitchen, cioè alla formulazione concettuale di un nuovo procedimento poetico individuato dal critico romano.

Come indica lo stesso autore all’inizio del paragrafo, “presupposto del procedimento kitchen è che la realtà è (omissis) già una connessione inestricabile di razionale ed irrazionale, di reale e di fantasia, reale ed irreale”, che secondo Linguaglossa,  oggi ancor più di ieri si declinano in una pluralità di formule di comunicazione a disposizione, rispetto alle quali il soggetto (l’autore in questo caso) opera in un ruolo di selezionatore, ma rispetto alla quali altresì,  la pretesa oggettività del linguaggio si disperde in mille possibili rivoli.

La definizione di Poetry kitchen fa riferimento dunque, proprio a questo lavoro fabbrile, artigianale, in cui l’attività di ricerca poetica si trasforma in un processo di laboratorio, in grado di ricostruire il piano dei discorsi frammentati della comunicazione ufficiale, riannodandone le trame ed al tempo stesso individuando anche le dimensioni “altre”, sotterranee, che le soggiacciono e riuscendo al contempo a rintracciare la connessione profonda tra gli elementi storico-antropologici. Dunque, kitchen perché esattamente come accadeva nelle antiche cucine contadine, si combinano gli elementi che la natura mette a disposizione per dar vita a nuove ricette, in un lavoro di continuo adattamento e rimodellamento.

Decisamente una lettura ed una proposta di rifondazione della poesia italiana interessante quella di Linguaglossa e sulla quale avremo modo di tornare in seguito.

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