Gianmaria Simon – Bagatelle
Autoprodotto, 2023

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C’è un momento nelle storie di questo cd, forse il momento più emozionante di quello che nel genere della canzone d’autore è uno degli album più preziosi di questo 2023 — oh no, ho svelato il finale già alla seconda riga della recensione! — in cui un personaggio che si fa chiamare Delacroix, un marginale, una specie di poeta ubriacone, si trova faccia a faccia con la guardia che gli chiede le generalità dopo averlo raccolto in qualche fosso: “come faccio a spiegarle brigadiere / che io stavo conversando con Verlaine?”. Due mondi in collisione, uno popolato da anticonformisti e diseredati — quelli che vivono “tra la fogna e il Parnaso” e che conoscono la bellezza di guardare il cielo rosso delle sei — e uno di gente benpensante e allineata.
Così ascolti “Stavo conversando con Verlaine” e pensi a tutte le volte che hai sentito il bisogno di quelle canzoni che sanno raccontare con tanta tenerezza quell’umanità parallela, quella amata e narrata da Brassens, da De André, da Jannacci.

La canzone è incastonata in Bagatelle, terzo album di Gianmaria Simon da Sarzana, album che conta undici canzoni d’amore e d’anarchia e che è persino più bello dei precedenti, che già erano belli. Perché a mano a mano che passa il tempo si fa più affilata quella sua abilità nell’orchestrare metriche e infilare rime. Rime che possono essere fulminanti oppure ricercate, come ricercati e mai scontati sono il linguaggio e la scelta delle parole (“non sarà niente mio amor / appena più di niente / solo l’argento brunito / del giorno disparente”), che è un segno di un modo di collocarsi, di un modo di essere e di pensare fuori dal perimetro dell’ordinario.
Dei lavori precedenti si ritrova quell’abitudine a stare perfettamente a proprio agio in molteplici territori musicali: qui le canzoni disegnano uno spazio compreso fra gypsy swing, blues, valse musette, tex-mex, e solcato da striature di musica klezmer e di altri colori. La varietà di stili è un aspetto che va ben oltre il vestire le canzoni, perché anche quella pluralità di scelte musicali, così come l’uso di lingue diverse, dichiara un posizionamento rispetto ai limiti e confini imposti all’identità di ciascuno ma anche alla libertà espressiva — l’artista si definisce “come ogni buon anarchico (…) congenitamente internazionalista”.
Anche la voce, per quanto sempre personale e riconoscibile, si presenta in numerosi registri diversi, e se volessimo fare il gioco di “chi mi ricorda” potremmo fare nomi in quantità (ne sono stati indicati tanti, da Tom Waits a Paolo Conte, ci potrei aggiungere Capossela e Buscaglione) ma vai a sapere se si tratta di somiglianze casuali o di citazioni consapevoli e reali affinità. Il punto è che Simon è molto bravo a differenziare il registro espressivo e può contare su una certa varietà di sfumature: ha una voce che graffia quando deve graffiare, racconta quando deve raccontare, accarezza quando deve accarezzare.

A questo punto vi sarete fatti l’idea di un album quanto mai eterogeneo e fatto di tante cose diverse, e in qualche misura è proprio così, ma è interessante soprattutto come tutto quanto stia insieme e ci stia bene. Perché poi la coerenza sta soprattutto nella scrittura, nel linguaggio e nell’universo narrativo.

Dicevo storie d’amore e d’anarchia, dove l’anarchia fa da cornice alle storie, alla scelta dei linguaggi e degli stili, e l’amore si presenta nella sua manifestazione più sensuale (“Mi capiti in bocca bella da dire / e come fumo al respiro spartire / mi arrivi nel sangue quando vuoi venire / lasciando che tutto si faccia scoprire…”), o in quella più struggente (“e non mi basterà / tutta la cartografia / per tracciare una rotta / dentro la malinconia”, da “Gardel”, la canzone del video che sarà il traino del cd), o ancora nel suo racconto più ridanciano (ascoltate “Luisa”). E due sono i momenti in cui le parole e le rime sono prese in prestito da qualcun altro: “El chuico y la damajuana”, di Nicanor Parra — poeta cileno fratello di Violeta — e “Chanson d’automne” di Paul Verlaine, su una musica che parte come uno studio facile di pianoforte (suppergiù una bagatella, eccola qua) e chiude tutto l’album con un finale che non vi racconto.

E alla fine, benedette queste canzoni che fanno sorridere e commuovere, che fanno pensare e ballare. Benvenute queste storie di marinai e di bettole, di fiaschi e damigiane, di perdizioni e di salvezze, di soldati che non tornano e di conti che tornano ancora meno, di notti in cui la luna sale e la birra sale ancora di più. Evviva le rime pensose e divertenti, profonde e ironiche, tenere e maleducate di Gianmaria Simon.

Il cd è autoprodotto ed è in circolazione da stamattina, giovedì 21 dicembre, incidentalmente compleanno dell’artista. Oltre a poterne acquistare la versione fisica ai suoi concerti, trovate il formato digitale su Bandcamp.

Tracce

Marie (t’es belle comme l’anarchie)
La luna quando sale
Gardel
Luisa
Barney
Mi capiti in bocca
Non sarà niente
Stavo conversando con Verlaine
El chuico y la damajuana
Dormi negli occhi miei
Chanson d’automne

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