FRANCO COSTABILE
Un'ombra lungo i muri del Sud

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POETICA

Quella di Franco Costabile, è una voce che non ha trovato,  nella storia della poesia italiana, lo spazio che merita; certamente, in parte, per la sua prematura scomparsa, avvenuta con il suo suicidio il 14 aprile 1965 presso la sua abitazione romana, all’età di 41 anni (è nato infatti  a Lamezia Terme il 27 agosto 1924), ma altrettanto certamente per i temi trattati nella sua poesia, legati ad una ricerca esistenziale non estetizzante, ma frutto di un interesse rivolto a tematiche storiche e sociali; una poesia dunque, che con l’andar del tempo è stata travolta dalla deriva “salottiera” di buona parte della produzione italiana successiva.

Eppure, al momento della sua morte, Costabile è considerato come uno dei poeti più promettenti del panorama italiano, tanto che tra i nomi che si adoperano per tramandare la sua opera ricordiamo anche poeti del prestigio di un Ungaretti (suo mentore ai tempi dell’università) o di un Caproni.

Il nucleo attorno a cui muove l’ispirazione della poetica costabiliana, è legato all’abbandono della sua terra, da dove emigra nell’immediato dopoguerra per approdare a Roma per gli studi universitari, iscrivendosi alla facoltà di lettere. Nonostante il retroterra intellettuale della sua scelta, Costabile vive in modo talmente tormentato questo distacco, da sentirsi accomunato alle tante storie di sradicamento frequenti nel meridione dell’epoca, che finiscono per trasfigurare la morfologia e l’identità contadina di quelle terre.

Sono gli anni del fermento intellettuale post-bellico che vede convergere a Roma, nel panorama di un fertile processo di rinnovamento, il cuore dell’intelligentija italiana del momento – inclusi i maggiori protagonisti del mondo della poesia – con molti dei quali Costabile ha la fortuna di entrare in contatto (basterebbe citare i nomi di Pasolini, Gadda Rosselli, Saviane, Caproni), venendo da questi apprezzato per la sua vis poetica.

Terminati gli studi comincia ad insegnare ed al tempo stesso lavora nel mondo editoriale, gestendo anche progetti importanti e scrivendo su riviste di primo piano dell’epoca, ma ciononostante lo stato d’animo del poeta e la sua vena poetica continueranno a rimanere sempre legati alla sensazione di straniamento conseguente all’allontanamento dalla sua terra d’origine, tema da cui poi si dipana un lungo itinerario sul tema della perdita, intersecandosi anche con il dolore che ha permeato la sua infanzia, vissuta senza la figura del padre, che abbandona la famiglia prima della sua nascita.

Costabile pubblica la sua prima raccolta nel 1950, dal titolo Via degli ulivi, in cui compaiono già i punti chiave della sua matrice poetica, imponendo subito la sua versificazione rapida ed asciutta, che si rifà alla scrittura di Ungaretti; una scrittura capace di descrivere immagini tramite rapide pennellate, con dei guizzi sorprendenti, mescolando realismo ed allegoria, la dimensione del terreno e quella del sogno.

Il senso di spaesamento dovuto all’allontanamento dalla sua regione, quindi la necessità salvifica di nominarla e descriverla, fa sì che anche i luoghi assumano importanza nella poetica di Costabile, evidenziando il rammarico per uno sviluppo moderno, che al tempo stesso ha avviato un processo di disgregazione della natura rurale calabrese, ma senza peraltro riuscire a controbilanciarlo con il superamento dei motivi di arretratezza che affliggono la sua terra, che sembra così essere destinata all’isolamento.

Da qui ne deriva la contraddizione insita nella poetica costabiliana, per la quale la realtà rurale diviene al contempo identità, ma anche simbolo di privazione, ed il senso attribuito dal poeta all’esilio – che assurge a condizione allegorica – ed all’abbandono, da lui visto come il destino a cui è indirizzata inevitabilmente la vita umana.

Via degli ulivi è anche un esempio della ricerca linguistico-poetica tipica della produzione italiana del dopoguerra, che cerca di unire l’allegoria, peso specifico della poesia, ad una maggior aderenza al concreto del quotidiano.

Con le due pubblicazioni successive, La rosa nel bicchiere raccolta uscita nel 1961 e Il canto dei nuovi emigranti, poemetto del 1964, apparso in un volume collettaneo dal titolo Sette piaghe d’Italia, antologia di scritti poetici di impegno civile, dedicati alla denuncia dei mali della modernizzazione, la poetica di Costabile si definisce compiutamente.

Il poeta si concentra maggiormente sui personaggi che affollano i propri componimenti, sulla narrazione, sulla valenza civile e politica della sua poesia, nella cornice fisica della Calabria che continua a rappresentate l’ambientazione morfologica della sua poesia, con la sua bellezza desolata.

L’afflato verso una poesia di impegno civile e di denuncia, diluisce la carica elegiaca nel senso ora distopico, ora onirico delle immagini ed anche per questo, Costabile predilige il verso breve, che in qualche modo lasci parlare le immagini, la descrittività insita nelle sue liriche, accorgimento decisivo nel tentativo di evitare il rischio dell’idillio.

Da questa combinazione di elementi, ne deriva un effetto in grado di mescolare sapientemente metafora poetica e realtà, una mescola rivoluzionaria ed efficace in questa fase di rinnovamento contenutistico e formale della poesia italiana, che Libero Bigiaretti, uno tra i poeti più vicini a Costabile a sua volta impegnato nella stessa direzione di ricerca, definisce “poesia naturale”, riferendosi all’orientamento del poeta sempre più verso l’aspetto civile, diluendo quello affettivo; ritraendo il mondo rurale calabrese – al di là del suo bagaglio identitario – Costabile denuncia il paradosso di un mondo destinato all’isolamento proprio dalla modernizzazione industriale, evidenziando anche la precarietà che caratterizza quel mondo: a causa dell’eterno conflitto di classe tra contadini e proprietari, della sopraffazione cui spesso soggiace l’universo femminile, della malversazione e della speculazione politica, temi che avvicinano in molti tratti la sua poetica a quella di Rocco Scotellaro.

L’opera di Franco Costabile, si presenta, a tutt’oggi come una delle più lucide e spietate analisi, sotto forma di inno civile, contro le distorsioni politiche, sociali e culturali create dagli eccessi del capitalismo consumistico – in Italia radicatosi proprio in quegli anni legati al boom economico –  analisi ingiustamente e colpevolmente dimenticata perché scomoda, ma come sempre succede con artisti di questa levatura, straordinariamente attuale.

 

POESIE

La loro ombra

Splende

la piazza

già tranquilla

di cielo

e di botteghe,

ma quei ragazzi

andati al Venezuela

hanno scritto la loro ombra

lungo i muri.

 

Meglio la luna

Il sole

è dei feudi

come l’acqua

e i cavali.

Meglio la luna

che aiuta a rubare.

 

Noi dobbiamo deciderci

Ecco ,

io e te Meridione,

dobbiamo parlarci una volta,

ragionare davvero con calma,

da soli,

senza raccontarci fantasie

sulla nostre contrade.

Noi dobbiamo deciderci

con questo cuore troppo cantastorie.

 

Consiglio di lettura dell’autore

L’unica raccolta attualmente disponibile di Franco Costabile, è la sua silloge d’esordio La rosa nel bicchiere, rieditata da Jaca Book nel 1994 ed apparso in ultima ristampa nel 2006, per cui la scelta del consiglio in questo caso è obbligata. Tuttavia in rete sono reperibili vari brani estratti da Il canto dei nuovi emigranti, essendo divenuto un’opera di culto e motivo d’ispirazione per vari intellettuali in diversi ambiti espressivi, re-interpretata in musica ed in interpretazioni teatrali, oltre ad essere riproposta in varie letture poetiche.

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