E. L. Doctorow – La marcia
Mondadori, 2007, Pagg. 365, Euro 18.00, Traduzione di Vincenzo Mantovani

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Alle cinque del mattino c’era qualcuno che bussava alla porta gridando, suo marito John che saltava giù dal letto, prendendo il fucile, e Roscoe che, svegliatosi nello stesso momento, veniva da dietro la casa facendo rimbombare il pavimento con i piedi nudi: Mattie si infilò la vestaglia in fretta e furia, preparata mentalmente agli allarmi della guerra, ma con la morte nel cuore al pensiero che alla fine fosse arrivata, e volò giù per le scale fino a scorgere dalla porta aperta, alla luce della lampada, davanti alla veranda, i due cavalli, nel vapore che si alzava dai loro fianchi, a testa alta e con gli occhi spiritati, il conducente, un negretto con le spalle curve, che mostrava anche in questo una stolida pazienza, e la donna che nella carrozza si stava alzando in piedi, e che altri non era che sua zia Letitia Pettibone di McDonough, con il viso più giovane contratto dall’angoscia, i capelli sparsi sulle spalle, questa donna di così raffinata educazione, questa vedova che era l’anima della stagione ad Atlanta, ritta nel suo equipaggio come una profetessa di sventure, quale in effetti si sarebbe dimostrata.

Con questo lungo periodo inizia La marcia più lunga, difficile e sanguinosa della Guerra di Secessione americana che portò le truppe nordiste da Atlanta, messa a ferro e fuoco nel novembre del 1864, alla conquista di Savannah, in Georgia, il 23 dicembre di quello stesso anno.

Il “regalo di Natale” che il generale William “Tecumseh” Sherman faceva ad Abraham Lincoln. Da Savannah poi l’avanzata in Carolina del Sud con la caduta di Columbia e infine l’invasione della Carolina del Nord con la conquista di Raleigh.

Affresco metaforico poderoso e indimenticabile del cammino dell’umanità intera in tutta la sua crudeltà e la sua gloria con una meravigliosa galleria di personaggi che nascono ora dal dramma, ora dalla commedia.

Una Spoon River in prosa in cui anime alla deriva di schiavisti e schiavi, di uomini e donne, di ricchi e poveri corrono in una fuga che le porterà in braccio alla morte o alla redenzione.

Doctorow usa una prosa potente ed epica disegnando magnificamente scenari selvaggi nutriti di sangue innocente in cui il lettore viene rapito non lasciandogli un attimo di respiro.

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