Pitchtorch – I Can See The Light From Here
Autoprodotto (Distr.IRD.) 2023 – CD

Condividi:

Ci sono voluti poco più di tre anni per veder realizzare la speranza di poter ascoltare un nuovo lavoro per i Pitchtorch, ma alla fine siamo molto contenti di poter dire che la band c’è, e ci regala un secondo album in studio di livello pregevole. I Can See The Light From Here è un segnale di speranza e resistenza. La speranza è quella di riuscire a mettersi alle spalle gli ultimi anni nefasti tornando a vedere la luce, mentre la resistenza alberga nei cuori dei musicisti ma anche in noi ascoltatori e appassionati, lottando per arrivare a rendere disponibili opere del genere. E la luce è qualcosa che aiuta a sconfiggere il buio di notti tristi e sconfortanti, e come dicono i Pitchtorch La luce è qualcosa a cui tendere. I suoi raggi sono fatti anche di suoni. I suoni che, imperterriti, cerchiamo di seguire in mezzo a quello che sembra sempre più uno scenario apocalittico “.

Per chi non li conoscesse i Pitchtorch sono un trio alt-folk formato da elementi di The Gutbuckets, Guano Padano e The Vickers. Pitchtorch è la fusione ideale di due parole – pitchfork, cioè il diapason, e pitch torch, che significa fiaccola o torcia – e rappresenta la musica come una luce che può fare da guida in questi tempi bui, non solo musicalmente parlando. Pitchtorch è un diapason ma è anche una fiaccola che segna il cammino da intraprendereQuesto è infatti raffigurato nel logo dei Pitchtorch, realizzato da Nazario Graziano. Tre musicisti, di base tra Firenze e Milano, dalle storie rilevanti e differenti alle spalle: il chitarrista, compositore e session player Mario Evangelista (attivo nei The Gutbuckets e altre formazioni, oltre che produttore internazionale e autore di musiche per cortometraggi e pubblicità), il bassista e contrabbassista Danilo Gallo (Guano Padano, in compagnia di Alessandro “Asso” Stefana e Zeno De Rossi, ma anche titolare del quartetto Dark Dry Tears) e il batterista Marco Biagiotti (già con The Vickers, oltre che turnista per L’Albero).

Nel sound dei Pitchtorch non esiste uno schema fisso, ma i riferimenti albergano certamente in paesaggi musicali che richiamano frequentemente Americana e West Coast, psichedelia, blues e jazz, spaziando fra Allman Brothers Band, i Calexico ma anche Wilco. Flying Ants potrebbe essere un pezzo che esce dal maestoso Cruel Country della band di Jeff Tweedy, impreziosita dal clarinetto nelle mani di Francesco Bigoni. Sometimes apre le danze con una ballata incalzante che lascia intravedere quale sarà la dimensione del disco. Vagamente “floydiana”, è veramente un gran bell’inizio di questo album. Jack Of All Trades è una canzone graffiante. Evangelista spiega: “Rifacendosi alla figura retorica inglese Jack of all trades, master of noneJack Of All Trades rispecchia la situazione tipica del musicista di oggi, che deve fare di tutto pur di suonare e, alla fine, trascura proprio la musica a vantaggio delle necessità multitasking e della presenza nel mondo mediatico

Formidabile Ask The Dust, dedicato al capolavoro letterario di John Fante impreziosito dalla presenza di Joachim Cooder, che mette su tela schizzi di mbira, un metallofono africano modificato in versione moderna. Time (Devil’s Best Delight) è un piccolo gioiello che diventa cavalcata devastante nel minuto e trenta secondi finali, attorcigliandosi su accordi che la rendono inarrestabile e spettacolare. Non oso immaginare cosa possa diventare il pezzo dal vivo. Sorprendente l’uso del sax baritono in That’s Our Blues, pezzo pubblicato in origine da The Gutbuckets a chiusura dell’album Gasfire Rag, affidato a Beppe Scardino (C’Mon Tigre, Calibro 35, Diodato). Downtown Livorno si muove priva di vincoli, quasi free nella sua scrittura. Mother avviluppa nella sua calda, sinuosa movenza indie/folk. Blame It On The Moon, è un altro gioiellino che vira su toni country, con una pedal steel assassina (Evangelista), che lascia esterrefatti per la meraviglia che suscita. La title track è un pezzo strumentale che chiude in maniera deliziosa un disco che, lo dico fin d’ora, si fregerà facilmente del titolo di essere uno dei lavori più belli di quest’anno.

I Can See The Light From Here è suonato e registrato il disco alla vecchia maniera, ovverosia tutti insiemein presa diretta, nella stessa stanza, senza pannelli né trucchi, con piccole sovraincisioni qui e là, sotto la supervisione di Antonio Castiello e Aldo De Sanctis, responsabili anche di mix e master, ai Jambona Lab Studio di Livorno. Nonostante la scrittura dei brani resti farina del sacco di Evangelista, il lavoro di rifinitura e arrangiamento si è svolto con un approccio maggiormente collettivo rispetto al recente passato. Splendida anche questa volta la copertina del CD, pervaso dal calore rassicurante della luce e da accese tonalità di arancione, realizzata appositamente da Xenophilius. “La forza della luce è riscontrabile tanto nella potenza suggestiva di un tramonto quanto nella nostra personale concezione di suono “.

Tracce

Sometimes

Jack Of All Trades

Flying Ants

Time (Devil’s Best Delight)

That’s Our Blues

Downtown Livorno

Ask The Dusk

Mother

Blame It on The Moon

I Can See the Light From Here

 

 

 

Condividi: