Spazio Musica e l’indignazione che ci pervade

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Palco vuoto e luci spente: Spaziomusica ha chiuso. I gestori del tempio della musica pavese, dal quale in 34 anni sono passati tutti i big del sound nazionale e internazionale hanno restituito le chiavi di via Faruffini. Il locale non c’è più e non per colpa del Covid e dell’impossibilità di tenere spettacoli dal vivo, ma perché il Comune ha rilasciato una licenza che ha sbagliato a rilasciare. (da Il Giorno – Cronnaca di Pavia 29 Ottobre 2020)

Da Spazio sono passati in tanti. Ligabue, Marlene Kuntz, Modena City Ramblers, Elio e le Storie Tese, Fabio Treves, Mimmo Locasciulli, Edoardo Bennato, Steve Lacy, John Hammond e Scarlet Rivera, la violinista di Bob Dylan. Le serate trascorrevano così, tra un’ incursione di Gene Gnocchi e una chiacchiera con Guccini, Max Pezzali e Ron.  (Il Corriere della Sera – MIlano Cronaca 20 Ottobre 2020)

Spaziomusica abbandona il progetto Pavia: «Ripartiamo altrove, non ne vale più la pena»L’amaro sfogo di Paolo Pieretto, fondatore dello Stand Bike Cafè di Borgarello. Aveva rilevato il locale di via Faruffini (La Provincia Pavese 27 Agosto 2021)

Mezzo milione di euro è il prezzo per assicurarsi i 494 metri quadrati di via Faruffini. I proprietari hanno, ovviamente, il pieno diritto di vendere. Ma talora il diritto e i sentimenti prendono strade opposte. E Daniela Bonanni, che fondò il locale di musica dal vivo nel 1986 con Bruno Morani, dice: «Spazio continuerà a vivere nel cuore e nella mente di migliaia di persone». ’amore che i pavesi hanno per il locale che vide avvicendarsi sul palco i più grandi artisti italiani e internazionali è testimoniato dalle reazioni sotto al post di Daniela Bonanni. «Serve una grande attivazione – scrive Tiziano Rossi – e un progetto solido alla base. Un crowdfunding che abbia l’obiettivo di raccogliere i soldi per comprare, ristrutturare e programmare; ma prima sarebbe necessario fondare il soggetto promotore». Nonostante siano chiusi da tre anni, dunque, i locali di via Faruffini contengono ancora il cuore, l’entusiasmo e i sogni di generazioni. (La Provincia Pavese 2 Marzo 2023)

Le abbiamo riportate così come sono apparse sulla stampa. Senza aggiungere nulla, perchè quanto riportato, a nostro avviso si commenta da solo. Un luogo destinato alla musica, che per 34 anni ha svolto il ruolo non di semplice calamitatore di appassionati  e curiosi. Un luogo che ha svolto anche una funzione sociale in una provincia che di certo non aveva bisogno di vedersi privata anche di questa opportunità, privandola di un riferimento storico e culturale divenuto tale grazie ad una programmazione variegata ma attenta a cogliere talenti ancora lungi dallo sbocciare, dando loro un’occasione di salire su un palco mettendosi in gioco.

La vicenda si Spazio Musica indigna e offende noi tutti per la gestione da parte di chi avrebbe dovuto avere ben altra attenzione e rispetto nei confronti dei proprietari o gestori, del pubblico, della comunità, anche per rispetto della chiarezza e trasparenza che la “cosa pubblica” meriterebbe. Tutto questo non si è visto. La solita carrellata di dichiarazioni sullo “stiamo lavorando per risolvere presto il problema creatosi” condito dalle vacue promesse di una soluzione mai realmente voluta. La politica ha ben altri problemi di cui occuparsi signori!

A noi piace citare una frase di Dario Fo che diceva “Ancora non si è capito che soltanto nel divertimento nella passione e nel  ridere si ottiene una vera crescita culturale.”  Quella crescita e consapevolezza che oggi viene umiliata con l’annuncio della messa in vendita dei locali, scelta legittima dei proprietari  ci mancherebbe, ma che affossa ogni velleità di tornare a vedere in attività Spazio Musica. Cosa che poi lascia ancora più perplessi se rapportata alle scelte diverse ed aperte del vicino comune di Borgarello che ha aiutato Paolo Pieretto e soci a non dover seppellire l’idea di poter contare su un luogo che assolvesse a quei desiderata di cui sopra, pur con una serie di limiti evidenti come la stagionalità visto che lo Stand Bike è un luogo all’aperto non fruibile nelle giornate invernali.

Alla classica domanda “Che fare?”, che non vuole essere legata alla celebre opera di Lenin, dove non può arrivare chi gestisce la cosa pubblica, pare non esservi alternativa se non in una clamorosa, se si realizzasse, opera di crowdfunding, o per dirla alla Marino Severini dei Gang, una grande cassa comune, che permetta la realizzazione di un sogno. Utopia? Probabile visto la somma necessaria.

Ma non eravamo un popolo di sognatori?

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