Il quindicesimo episodio lo potete leggere a questo link:
“Herr Luigi”. Il barcone ormeggiato sotto la fortezza di Kalemegdan dondolava come dondolano tutti i barconi posti sull’acqua. Farci della retorica sarebbe scorretto. Invece sul proprietario del barcone non si poteva evitare a cominciare dal nome: Nebojša, cioè audace e dall’unica parola straniera che conoscesse. Herr, cioè signore, retaggio del servizio prestato dal nonno a un gentiluomo austriaco trasferitosi a Belgrado quando ancora esisteva l’impero.
A far da interprete l’insostituibile amico Vedran, più una guida turistica d’eccellenza che un traduttore. Conosceva già queste storie e questi personaggi, per lo più ignorati da quasi tutti, e volentieri me ne faceva parte.
Il barcone di Nebojša era diverso dagli altri. Apriva alla mattina quando le chiatte della notte chiudevano dopo la movida scatenata. Ricordava una vecchia bocciofila, senza bocce e senza carte che qui si usano poco, ma tante scacchiere per chi volesse sfidarsi a dama o a scacchi. La struttura era in legno, i tavoli senza pretese, vino e alcolici semplici, senza complicazioni di ingredienti esotici. E lui, Nebojša, incontrastato anfitrione, a offrire non solo storie della sua chiatta ma di un pezzo di mondo, quello che si affaccia su uno degli scenari più incredibile, epico e leggendario e al contempo malinconico e crepuscolare del vecchio continente. Nebojša serviva gli avventori e parlava. Del battello utilizzato da Emir Kusturica nel film Underground che ogni tanto portava in giro turisti lungo il Danubio. Dell’industria dell’orologio più vecchia di quella svizzera di ben seicento anni. Di Vinča e Starčevo, importanti centri dell’età del bronzo ora rovine alla periferia di Belgrado. Del fantasma di Belgrado…
Non aspettatevi presenze sovrannaturali, catene e lenzuola bianche.
Neppure apparizioni del Conte Dracula, nonostante la vicina Transilvania. Parliamo di un fantasma reale con tanto di nome e cognome: Vlada Vasiljević. E di un docu-film di Jovan Todorović che racconta le gesta del “fantasma di Belgrado”.
L’arco temporale è di una decina di giorni nel settembre del 1979, in occasione di un viaggio a Cuba di Tito per l’ennesima riunione del “Movimento dei non allineati”. Sulla Porsche 911 Targa, sottratta illegalmente al campione di tennis Ivko Plećević, Vlada Vasiljević si esibì in folle corse sui grandi viali di Belgrado e facendo di piazza Slavija il suo autodromo. Per ridicolizzare ancora di più le forze dell’ordine che non riuscivano mai a fermarlo, il “fantasma” chiamava una radio e annunciava quale sarebbe stato il percorso di quella sera.
Le piccole Zastava degli agenti iugoslavi contro la sei cilindri tedesca: una battaglia persa già in partenza. Così mentre per le autorità Vlada è ormai un vero e proprio pericolo pubblico da fermare in qualsiasi modo per la gente diventa un antieroe. Nella Jugoslavia titina, ove vige l’ordine socialista, seppur non vi sia nelle gesta del “fantasma” la benché minima rivendicazione sociale, gli abitanti di Belgrado lo prendono subito in simpatia e riempiono le strade. Lo sberleffo al potere è sempre una tentazione forte per qualsiasi popolo, così come quella dell’”eroe giovane e bello” e del “ribelle” alla James Dean.
Il Ginko di Diabolik, a Belgrado si chiama Dušan Živković, detto Fangio per le sue doti di guida spericolate. Anche l’ispettore Fangio fallisce e allora si bloccano con bus di linea tutte le uscite di piazza Slavija. Il fantasma preso in trappola si schiantò su uno di essi. Distrusse la macchina ma riuscì a fuggire. Fu preso a casa sua poche ore dopo. Si dice per una soffiata anche se, alimentando la leggenda del fantasma, c’è chi giura che si costituì volontariamente.
Due anni e mezzo di prigione fu la condanna. Ma troppo semplice pensare che tutto si fermi qui. Il fantasma riesce ad evadere e a costituirsi dopo tre giorni. Un comportamento inspiegabile per tutti.
Vlada Vasiljević morì a soli 31 anni e anche la sua morte è avvolta nel mistero. La Lada su cui viaggiava con un amico uscì di strada nei pressi di Požarevac nel 1982. Le dinamiche dell’incidente non furono mai chiarite. Molti dubitano che l’incidente fu una vendetta della polizia per le figuracce di tre anni prima.
Nebojša concluse il suo racconto dicendo che molti ancora attendono di risentire il boato della Posche 911 Targa assediare i palazzi del potere e vedere il fantasma passare a folle velocità sotto la sede del governo col dito medio alzato.